Athematic Cyclicism “à la Debussy”. Construction, function, and perception of some recurring intervals in the Sonata for Flute, Viola, and Harp
This paper intends to demonstrate how the tritone in the Debussy’s Sonata for Flute, Viola and Harp becomes a tool of the memory, capable of revealing an underlying cyclical unity. The analysis consolidates Jean-Louis Leleu’s insights (Leleu 2017), reinterpreting the function of some recurring intervals in the construction of the Sonata. What emerges is a path of progressive revelation of a few supporting elements, in particular the α interval [6–0], which gradually shed their themes to reveal a distinctive identity. So far, the cyclical nature of the work has been evaluated only with regard to the resumption of the theme of the Pastorale in the epilogue. But the analysis of this paper highlights a much denser network of links, which tends to go beyond the thematic dimension, to favor a substantially athematic connection. Musicological studies tried to find a kinship with French research on cyclicity at the end of the XIXth century (DeVoto 2004; Wheeldon 2009). But Debussy eclipses every model, experimenting with various solutions. There is a transformation process, which leads the composer to rework some cyclical procedures that were historicized by tradition: specially the rewriting of the péroraison, which loses its melodic traceability while remaining the athematic climax of the entire work. Above all, there is a strong drive towards a form of subconscious cyclicism, which offers the listener continuous points of contact with that déjà entendu by working on connoted and perceptible cues.
L’articolo si propone di dimostrare come il tritono nella Sonate pour flûte, alto et harpe di Debussy diventi uno strumento della memoria, capace di rivelare una ciclicità soggiacente. L’analisi consolida le intuizioni di Jean-Louis Leleu (Leleu 2017), reinterpetando tuttava la funzione di alcuni intervalli ricorrenti nella costruzione della Sonate. A emergere è un percorso di progressiva rivelazione di pochi elementi portanti, in particolare l’intervallo α [6–0], che gradualmente si spogliano dei loro temi per svelare un’identità distintiva. Finora la ciclicità dell’opera è stata valutata solo in merito alla ripresa del tema della Pastorale nell’epilogo. Ma l’analisi dell’articolo evidenzia una rete di legami molto più fitta, che tende a superare la dimensione tematica, per privilegiare un collante sostanzialmente atematico. DeVoto e Wheeldon cercano di trovare un legame con le ricerche francesi di fine secolo sulla ciclicità (DeVoto 2004; Wheeldon 2009). Ma Debussy supera ogni modello, sperimentando varie soluzioni. Si verifica un processo di trasformazione, che porta il compositore a rielaborare alcuni procedimenti ciclici storicizzati dalla tradizione: in particolare la riscrittura della péroraison, che perde la sua tracciabilità melodica pur rimanendo il punto di fuga atematico dell’intera opera. C’è soprattutto una decisa spinta verso una forma di ciclicità subcosciente, che offre all’ascoltatore continui punti di contatto con il déjà entendu lavorando su cues sufficientemente connotati e percepibili.