In ricordo di Luca Marconi
Il 15 settembre scorso è morto improvvisamente il nostro caro amico e collega Luca Marconi lasciando tutti noi che lo conoscevamo in una situazione di dolore quasi incredulo. Lo ricordiamo su questo numero della rivista non solo perché era membro del Comitato Scientifico del GATM, e nostro collaboratore, ma anche perché la sua scomparsa lascia un vuoto nella nostra disciplina. Luca insegnava da qualche anno nel Conservatorio di Pescara, dove la sua presenza aveva stimolato parecchi colleghi a porsi problemi sulla professionalità musicale, assumendo e sviluppando punti di vista non tradizionali. Ma la sua parola si ascoltava da molti anni in Italia , e anche fuori dall’Italia, con interesse e curiosità, perché, anche se non sempre accettata, non era mai superficiale e rivelava sempre una singolare capacità di pensiero.
La sua formazione era avvenuta al DAMS di Bologna, negli anni Ottanta, con lo stimolo e i consigli di Gino Stefani, che in quel contesto, con l’appoggio di Umberto Eco, aveva diffuso il verbo della semiotica musicale che si stava affermando in molti paesi europei, parallelamente a ciò che era avvenuto negli Stati Uniti, sulla base di altri principi, dopo la fondazione della Society for Music Theory. L’obiettivo di questi rinnovamenti aveva anche altri sfondi, che nella composizione si basavano sulla diffusione delle tecniche seriali, contro la tradizione tonale, e nella musicologia sull’affermazione del pensiero linguistico-strutturale, contro la dominante tradizione storiografica. Stefani li aveva promossi e su questi Marconi aveva formato la sua identità culturale di pensatore “diverso”.
Dopo i due primi libri firmati assieme al maestro e dedicati agli intervalli e alla melodia, considerati non dal punto di vista delle regole che li governavano, ma del senso che producevano, i suoi interessi si spostarono gradualmente dal piano della musica scritta a quello della musica ascoltata. E a questo punto, siamo alla metà degli anni Novanta, nasce il Marconi più originale e più fecondo: l’ascolto musicale implicò ben presto problemi di psicologia (l’espressione delle emozioni) e di sociologia (la popular music e la musica degli adolescenti) a cui poi si aggiunsero interessi più specifici per l’esecuzione (i rapporti fra l’analista e l’esecutore) e per la didattica. A questo nucleo complesso, e a volte anche magmatico, di stimoli culturali ed esistenziali, egli dedicò i suoi anni più maturi e più fervidi, fino agli ultimi mesi di vita.
C’è anche da aggiungere che i suoi studi non furono concepiti da Luca solo in senso strettamente accademico. Certamente egli sapeva scrivere articoli e libri e frequentare convegni, ma io credo che la sua vocazione non fosse solo quella di fare il professore: egli mirava piuttosto a obiettivi più ambiziosi, e forse, come dicevo prima, “diversi”: capire ciò che la “gente comune” desidera dalla musica e capire come sia possibile andare incontro a queste esigenze. In sostanza la sua relazione con il sapere collettivo e ben costruito dell’accademia ha sempre dovuto fare i conti con il Marconi persona: con il suo entusiasmo per il sapere, ma anche con i suoi valori d’esistenza e con i suoi rapporti amicali e umani.
Concludo infine ricordando come la moglie Valentina abbia lanciato un appello a tutti noi che abbiamo conosciuto le attività di Luca, con l’idea di organizzare qualcosa in sua memoria, per esempio una borsa di studio o un progetto di ricerca a lui intitolati. Nell’attesa di conoscere con più precisione le sue intenzioni la ringraziamo intanto per un appello che ci sembra importante perché la memoria di Luca si possa più diffusamente perpetuare negli anni futuri. (Mario Baroni)
Foto di Gabriella Ascari
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