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La teoria della forma di Ebenezer Prout e l’Adagio della Patetica di Beethoven

Pierangela Pingitore - pag. 41-62

I trattati di Prout, che possono essere considerati un compendio dell’attività didattica che egli esercitò per gran parte della sua vita, sono rivolti a un destinatario specifico: gli studenti di composizione. Il taglio pedagogico si riflette nella chiarezza dell’esposizione e nella tendenza ad affrontare i vari argomenti in ordine di complessità crescente. La peculiarità di questi testi, rispetto ad altri manuali di tecniche compositive dell’epoca, risiede nella tendenza dell’autore a corredare l’esposizione di un gran numero di esempi musicali mutuati dalle opere dei grandi maestri del passato, nella convinzione che la codificazione teorica debba nascere dallo studio della pratica musicale, e non viceversa.
L’interazione tra teoria e pratica musicale che caratterizza la sua produzione è particolarmente evidente nei due volumi che Prout dedica allo studio delle tecniche di costruzione e articolazione formale: Musical form (1893) e Applied forms: a sequel to “Musical form” (1895). Attraverso una rapida ricognizione del contenuto di questi due trattati, nelle pagine che seguono verranno presentati gli elementi fondamentali della teoria della forma di Prout; nella seconda parte dell’articolo ci soffermeremo invece sull’analisi del secondo movimento della Sonata per pianoforte op. 13 “Patetica” di Beethoven, per confrontare l’interpretazione formale di Prout con quella proposta da un altro importante esponente della tradizione analitica inglese, Donald Francis Tovey (1875–1940).

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