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La psichedelia come forma simbolica. Musica e costrutti culturali

Gianfranco Salvatore - pag. 3-58

I repertori musicali “psichedelici” non sono né molto omogenei, né stilisticamente autonomi rispetto ad altri sottogeneri del rock: la “musica psichedelica” sembra poter essere interpretata solo per le intenzioni implicite nella sua denominazione, sfuggendo a ogni tentativo di classificazione morfologica. Il rock psichedelico attinge in gran parte a prassi e materiali musicali già sfruttati altrove, ma inseriti in un nuovo milieu nel quale sono i musicisti e gli ascoltatori a elaborare valenze e significati vicini al proprio contesto culturale. Anche le interpretazioni semiotiche sono spesso criticabili, perché attribuiscono il ruolo di significanti “psichedelici” a materiali e stilemi non specifici, proprio perché preesistenti e usati anche altrove con intenzioni e significati diversi.

Altrettanto contraddittorie si dimostrano le connessioni tradizionalmente poste — da musicisti, ascoltatori, giornalisti e operatori del settore — tra il rock psichedelico e l’esperienza lisergica. La cultura psichedelica sembra esprimere musicalmente i suoi messaggi in una dimensione comunicativa intessuta più di simboli che di segni specifici, e retta più da concetti filosofici e fenomenologici che da codici univoci: un contenuto in cerca di una forma. Tuttavia il sistema simbolico e filosofico della musica psichedelica è riconoscibile perché culturalmente determinato, e la sua forma veniva costruita e recepita come una forma simbolica, della stessa specie della prospettiva rinascimentale, nei termini in cui è stata studiata da Erwin Panofsky: cioè in connessione con la ricerca di una nuova dimensione percettiva e conoscitiva, e di una nuova profondità di campo, che l’arte può intra- prendere applicando artifici simbolici di tipo illusionistico.

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