Epicità e liricità nella forma sonata schubertiana
Con una certa gradualità, nel corso del Novecento il partito dei detrattori della musica assoluta schubertiana ha iniziato a deporre le armi: parallelamente, la letteratura musicologica ha cominciato a utilizzare, in riferimento alle forme sonatarealizzate dal maestro viennese, un paio di attributi presi a prestito dalla teoria letteraria dei generi. Il loro campo semantico corrisponde a quello dei tratti stilisticigià individuati da Schumann e dalla critica ottocentesca: si riassume quanto attiene alla cantabilit. con l’aggettivo “lirico”, e tutto ci. che riguarda la dilatazione formale con l’aggettivo “epico” [Vrieslander 1929]. Nonostante il significato di questi attributi abbia talvolta subito alcune oscillazioni, si è infine affermata la tendenza a utilizzare la formula derivante dall’unione di questi due termini, “epicolirica”, come quella capace di esprimere in modo più efficace le qualità della forma sonata schubertiana, in contrapposizione alla formula “drammatico-dialettica” utilizzata in riferimento alla forma sonata beethoveniana [Vrieslander 1929; Dahlhaus 1978, 125; Hinrichsen 1988; Hilmar-Jestremski 1997, Form]. Eccoci dunque giunti al cuore del problema. Più che sulla pertinenza dei termini “epico” e “lirico”, la nostra indagine intende focalizzare l’attenzione sul senso che essi hanno acquisito nel corso del tempo: soprattutto a partire dal momento in cui si è cercato di relazionare tali attributi alla sostanza musicale degli oggetti, motivandone l’uso a posteriori attraverso l’analisi. Nelle pagine che seguono avremo modo di verificare come tale senso dipenda largamente, più che da certi caratteri immanenti alle opere, dalla prospettiva analitica di riferimento. E come, paradossalmente, esso risenta spesso dell’idiosincrasia ottocentesca nei confronti della gestione schubertiana della forma sonata.
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